KAMIKATSU: prima comunità a zero rifiuti?


Kamikatsu è un piccolo villaggio del sud-ovest del Giappone che ha acquisito grande notorietà per un esperimento ecologico che ha intrapreso nel 2003, in seguito a severe norme che hanno decretato il ridimensionamento e in molti casi la chiusura dei suoi inceneritori. I dati mostrano che il tasso di riciclaggio è passato dal 55% di dieci anni fa a circa l'80% di oggi. Visti i grandi risultati ottenuti il piccolo villaggio si pone come traguardo di porre fine alla sua dipendenza da incenerimento e discariche entro il 2020 e diventare la prima comunità zero rifiuti del Giappone.
Il sistema adottato prevede, oltre ad una riduzione a monte, che i rifiuti domestici vengano separati in 34 categorie prima di essere conferiti in un centro di riciclaggio gestito dai volontari della Zero Waste Academy.
Non è stato semplice arrivare alla situazione attuale in quanto, soprattutto nei primi anni gli abitanti del villaggio hanno dovuto adattarsi a un nuovo stile di vita e soprattutto a delle regole di riciclaggio molto ferree. Basti pensare alle numerose categorie e sottocategorie a cui questi si devono attenere, ad esempio per quanto riguarda le bottiglie: quelle di vetro devono essere conferite senza i tappi e ordinate per colore, quelle di plastica che contenevano oli devono essere collocate in un contenitore diverso da quello delle bottiglie in cui vi era acqua minerale e tè verde ecc. Rimangono, comunque ancora delle categorie di rifiuto che devono per forza essere mandate all'inceneritore o in discarica.
Un aspetto fondamentale dell'intero progetto è la presenza nel centro di un negozio di riciclaggio in cui va a confluire tutto ciò che è ancora in buono stato e che può essere riutilizzato, qui i residenti sono liberi di scegliere e portare a casa gratuitamente ciò che vogliono.
Nonostante i grandi progressi il progetto ha dei critici che ne evidenziano i limiti, quali ad esempio la presenza di compostiere elettriche, il dover utilizzare le macchine per portare i rifiuti al centro e soprattutto la necessità di dover lavare quasi tutto ciò che si conferisce. Gli organizzatori e sostenitori vanno avanti sostenendo che "Tutto quello che possiamo fare è parlare con i dubbiosi e spiegare perché quello che stanno facendo è così importante e che non è solo la cosa giusta da fare ma l'unica cosa che si può fare ".

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